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amore, ed è un atto di giustizia, che contentiate il vo-
Letteratura italiana Einaudi 69
Carlo Goldoni - Il teatro comico
stro figlio; e se amate Rosaura, farete un azione eroica,
da uomo onesto, da uomo savio, e prudente a cederla a
una persona che la renderà felice e contenta, e avrete
voi la consolazione di essere stato la causa della sua più
vera felicità.
PANTALONE. Sì ben, son un galantomo, son un omo
d onor, voggio ben a sta puta, e voggio far un sforzo per
demostrarghe l amor che ghe porto. Florindo sposerà
vostra fia, ma perché vostra fia l ho vardada con qual-
che passion, e no me la posso desmentegar, no voggio
metterme a rischio, avendola in casa, de viver continua-
mente all inferno. Florindo, fio mio, el Cielo te benedi-
ga. Sposa siora Rosaura, che la lo merita, e resta in casa
con ela, e co so sior pare, fina che vivo mi, e te passerò
un onesto e comodo trattamento. Niora, za che no
m avè volesto ben a mi, voggiè ben a mio fio. Trattèlo
con amor, e con carità, e compatì le debolezze de un po-
vero vecchio, orbà più dal vostro merito, che dalle vo-
stre bellezze. Dottor caro, vegnì da mi, che metteremo
in carta ogni cossa. Se ve bisogna robba, bezzi, son qua.
Spenderò, farò tutto, ma in sta casa no ghe vegno mai
più. Oimè! gh ho el cuor ingropà me sento, che no pos-
so più. (parte)
ROSAURA. Povero padre mi fa pietà.
SCENA UNDICESIMA
BRIGHELLA, ARLECCHINO e detti
ARLECCHINO. E cusì per tornar al nostro proposito, Co-
lombina, dame la man.
BRIGHELLA. Colombina non farà sto torto a Brighella.
LELIO. Signor Orazio, ecco appunto, come termina il
mio soggetto, che voi non avete voluto sentire. (cava i
Letteratura italiana Einaudi 70
Carlo Goldoni - Il teatro comico
foglietti e legge) Florindo sposa Rosaura. Arlecchino
Colombina; e coi matrimoni termina la commedia.
ORAZIO. Siete veramente spiritoso.
LELIO. Anzi vi dirò di più...
GIANNI. Sior Orazio, gh è altro da provar?
ORAZIO. Per ora basta così.
GIANNI. La podeva aver anca la bontà de sparagnarme
sta gran fadiga.
ORAZIO. Perché?
GIANNI. Perché sta sorte de scene, le fazzo co dor-
mo.(si cava la maschera)
ORAZIO. Non dite così, signor Arlecchino, non dite co-
sì. Anco nelle piccole scene si distingue l uomo di gar-
bo. Le cose quando sono fatte, quando sono dette
con grazia, compariscono il doppio, e quanto le scene
sono più brevi, tanto più piacciono. L Arlecchino de-
ve parlar poco, ma a tempo. Deve dire la sua botta
frizzante, e non stiracchiata. Stroppiar qualche parola
naturalmente, ma non stroppiarle tutte, e guardarsi
da quelle stroppiature, che sono comuni a tutti i se-
condi zanni. Bisogna crear sempre qualche cosa del
suo, e per creare bisogna studiare.
GIANNI. La me perdona, che se pol crear anca senza
studiar.
ORAZIO. Ma come?
GIANNI. Far come che ho fatto mi, maridarse, e far na-
scer dei fioi. (parte)
ORAZIO. Questa non è stata cattiva.
PLACIDA. Se non si prova altro, anderò via ancor
ORAZIO. Ora andremo tutti.
EUGENIO. Possiamo andare dal nostro signor capo, che
ci darà il caffè.
ORAZIO. Padroni, vengano pure.
LELIO. Una cosa voleva dirvi per ultimo, e poi ho fini-
to.
ORAZIO. Dica pure.
Letteratura italiana Einaudi 71
Carlo Goldoni - Il teatro comico
LELIO. Il mio soggetto finiva con un sonetto, vorrei,
che mi diceste, se sia ben fatto, o malfatto terminare
la commedia con un sonetto.
ORAZIO. Dirò: i sonetti in qualche commedia stanno
bene, e in qualche commedia stanno male. Anche il
nostro poeta alcune volte li ha usati con ragione, e al-
cune volte ne potea far di meno. Per esempio: nella
Donna di Garbo, si termina la commedia in un acca-
demia, ed è lecito chiuderla con un sonetto. Nella
Putta onorata, Bettina termina con un brindesi, e lo fa
in un sonetto. Nella Buona Moglie, dice in un sonetto
finale, qual esser debba la moglie buona. Nella Vedo-
va Scaltra, e nei Due gemelli veneziani, si potevano ri-
sparmiare; e nelle altre non ha fatto sonetti al fine,
perché questi assolutamente senza una ragione non si
possono, e non si devono fare.
LELIO. Manco male, che ha errato anche il vostro poe-
ta.
ORAZIO. Egli è uomo, come gl altri, e può facilmente
ingannarsi, anzi colle mie stesse orecchie l ho sentito
dir più, e più volte, che trema sempre allorché deve
produrre una nuova sua commedia su queste scene.
Che la commedia è un componimento difficile, che
non si lusinga d arrivare a conoscere, quanto basta, la
perfezione della commedia, e che si contenta di aver
dato uno stimolo alle persone dotte, e di spirito, per
rendere un giorno la riputazione al Teatro Italiano.
PLACIDA. Signor Orazio, sono stanca di star in piedi,
avete ancor finito di chiaccherare?
ORAZIO. Andiamo pure: è terminata la prova, e da
quanto abbiamo avuto occasione di discorrere, e di
trattare in questa giornata, credo che ricavare si pos-
sa, qual abbia ad essere, secondo l idea nostra, il no-
stro Teatro Comico.
- FINE -
Letteratura italiana Einaudi 72 [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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