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per sé medesimo l amore, e molto piú l amore di fanciul-
la, al quale potrai recare soccorso in piú modi che tu
non pensi». «E quali sono?», interruppe ella, asciugan-
dosi col velo gli occhi. «Primamente», rispose Scaman-
dronimo, «si possono dirigere gli affetti alla onesta lor
meta, facendoti consorte dell amato garzone...». «Ma
come», interruppe ella, «se ama Cleonice?...». «Lo dice-
sti», ripigliò Scamandronimo, «né un solo accento della
tua narrazione mi è sfuggito dalla memoria; ma ancor
non sai la incostanza delle amorose proteste. Egli non ha
giurata la fede alle are, e però non è impossibile, colle
maniere accorte, di rivolgere a te l animo di lui; né vi
sarà amichevole artificio ch io non adoperi, perché tu
giunga a tale acquisto. Che se a te piace il garzone per le
sue forme divine, me non meno alletta per gli suoi gra-
tissimi costumi; al che si aggiunge la di lui ricchezza e la
sua esperienza nella mercatura, fregi molto convenienti
alla felicità dell imeneo». «Oh veramente amico, non
che padre», disse allora abbracciandolo cogli occhi la-
grimosi la figlia, «in te ritrovo il primo momento di vero
conforto alle mie pene». «Ben farai», disse Cleide a lui,
«di acquistarmi un tal genero, perché farai contenta
questa meschina, e me non meno, che vedrò giacere la
mia fanciulla in talamo cosí leggiadro». «Ma pure», ag-
giunse Scamandronimo, «quando mai fossero infruttuo-
si i miei ufficj presso del giovine, quantunque li speri
profittevoli, rimarrà nondimeno Lesbo ancora popolata
da florida gioventú, fra la quale potrai sceglierti
quell antidoto che estingua nel tuo cuore cosí velenosa
fiamma». «Pur ben farai», disse la buona Cleide, scuo-
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Letteratura italiana Einaudi
Alessandro Verri - Le avventure di Saffo poetessa di Mitilene
tendo il capo, e insieme appoggiando la destra sotto il
mento di Saffo; «pur ben farai d accettare questo consi-
glio, perché altrimenti sarebbe stolidità che tu, mia fi-
gliuola, ti struggessi per chi non ti ama, né ti mancherà
un avvenente e tenero sposo che ti faccia dimenticare un
ingrato e fuggitivo». «Ah madre», esclamò Saffo, «io
non posso vivere senza di lui, che già è il tiranno
dell anima mia». «Oh vivrai», disse lietamente Scaman-
dronimo, «quand anche ti ricusi, posciaché le ferite di
amore, per quanto sieno profonde, non sono mortali;
che se lo fossero, morremmo tutti in gioventú; laddove
ben vedi che noi amando siamo giunti a questi anni, che
piú confinano cogli ultimi che coi primi. Io però mi ri-
cordo de miei giovanili delirj con quella reminiscenza
che basti d avere pietà delle tue angosce, senza rinnova-
re le mie. Ma quando l animo è dominato dal tiranno
giogo di Amore, non sembra a lui verisimile il riacquisto
della felice libertà, quantunque per esperienza sia gior-
nalmente manifesto che quel potente Dio, che tutto vin-
ce, è vinto dal tempo». «Oh! ben ragioni», disse la fi-
gliuola rispettosa; «ma tu guardi dal lido la procella in
cui io sono prossima a naufragare». «Ed io ti farò da
nocchiero», aggiunse Scamandronimo; «ed acciocché
vedi quanto ho l animo disposto a soddisfarti, siccome
persuaso che Amore impaziente languisce ne ritardi,
andrò direttamente a scoprir l animo di Faone; e tu qui
intanto trattienla, o buona Cleide, finché ritorni, per
quanto io credo, gratissimo messaggero». Cosí dicendo
uscí degli alberghi, lasciando a lei il piú fallace, ma il so-
lo conforto delle cure mortali, la speranza lusinghiera.
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CAPITOLO XIII
il consiglio di rodope
Non tenera madre cosí spera il ritorno del figlio dalla
guerra sanguinosa, né cosí teme fanciulla congiunta in
imene con giovine marito esposto in lungo viaggio alle
insidie del pelago crudele, come Saffo sperava e temeva
il ritorno del genitore. Cleide s industriava di confortar-
la; ma le parole sono molesto irritamento nelle angosce
prepotenti, le quali non si possono calmare, se non to-
gliendone la cagione. Che se veggiamo essere nojoso
trattenimento agli animi inquieti il ragionare coi tran-
quilli, ed a chi ansiosamente corra a qualche opera desi-
derata, l avere un lento compagno, quanto maggiore
non dovea essere il tedio di lei, che, immersa ne delirj
amorosi, era costretta dal rispettoso dovere ad ascoltare
non adequate esortazioni? Conciossiaché era giunta
Cleide alla tarda vecchiezza con placidissima serie di an-
ni impiegati in domestici lavori, né mai avea sofferte le
violenti perturbazioni dell animo, per naturale costitu-
zione moderata ne suoi desiderj, piuttosto che per
virtú. Saffo, all opposito, era per sua sventura dotata di
sensi cosí irritabili, che la trasportavano agli estremi per-
niciosi. La buona Cleide adunque procurava, colle sen-
tenze volgari e le comuni dottrine del vivere pratico, di
confortare la insanabile fanciulla, inettamente prolun-
gando gli insipidi ragionamenti. Taceva Saffo, e spesso
in preda a suoi pensieri non prestava orecchio a lei, che,
per gli anni loquace, e di mediocre intelletto, ripeteva
nulladimeno tranquillamente l infruttoso colloquio, se-
guitando l incominciato lavoro che avea ripreso fra le
mani quando Scamandronimo partí. Saffo languiva al
susurrare di quelle inefficaci esortazioni, come il pastore
dorme sul margine del mormorante rivo. Ogni soffio di
vento che movesse le porte, ogni voce di servo che esor-
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tasse un altro ai lavori, risonando negli atrj, erano da lei
credute o le voci, o le orme di Scamandronimo ritorna-
to. Si alzava adunque frettolosa per incontrarlo, ma poi
il timore di spiacevole risposta la tratteneva, finché delu-
sa nella sua aspettazione, ritornava ai sedili, coprendosi
le incessanti lagrime col velo. Ma vide alla fine apparire
Scamandronimo su la soglia, in cui con lento passo en-
trando non proferiva accento alcuno: ed ella dubbiosa
della fatale risposta, mirava lui tacendo, che tacendo mi-
rava lei. «Ahimè», proruppe Saffo, «troppo è funesto
quel silenzio in un labbro amico impaziente di recarmi
grata novella, se la racchiudesse nel pensiero». «Al cer-
to», rispose egli, «vorrei che fosse quale tu la brami»; e
poi si abbandonò, alquanto mesto, sopra di un vicino se-
dile. «Deh fa ch io non ignori a qual segno meriti la tua
pietà», diss ella, «ed iscoprimi tutta l amarezza del mio
crudele destino, perché ormai debbo dal tuo silenzio
congetturarla evidentemente!». Rispose Scamandroni-
mo: «Il cortese garzone ti ha compartite molte lodi, esal-
tando i pregi del tuo ingegno; ma allorché proposi
quell argomento, per cui era venuto,  Ben grato segno ,
mi soggiunse,  è questo dell amichevole consuetudine
che tu avesti per il mio genitore, l avermi in tal guisa tra-
scelto in tanti che aspirano, piú di me degni, a quella
pregevol destra che tu mi offri spontaneamente. Ma egli
è officio d animo sincero che io ti manifesti ch ho giura-
to fede a Cleonice. Quindi siccome tu mi biasimeresti,
se accettando le tue proposte divenissi poi infedele a te,
e spergiuro a lei; cosí approvar devi che mi comporti
con altri in quel modo che vorresti per te medesimo. Al
che si aggiunge, che io mi sono proposto di riassumere,
come sai, in Sicilia le negoziazioni alquanto interrotte
per la morte del mio buon genitore, alle di cui ceneri
avendo compartite copiose lagrime, spero di ritrovare
nell imeneo di Cleonice, quand io ritorni, quella conso-
lazione, che niun altro oggetto finora è stato valevole di
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